martedì 8 maggio 2012

L'impotenza di un kalashnikov

Lei rideva. Le labbra scoperchiate in un ghigno gengivale privo del benchè minimo pretesto, se non quello della presa in giro. Rideva di me. Della mia gentilezza scambiata per compiacenza. Della mia disturbante gioventù. Dell'apparente inerzia che proprio la nostra disparità di forze mi imponeva; me ne stavo lì,col dito sul grilletto di un kalashnikov puntato contro un fucile giocattolo che sparava sparava sparava i suoi turaccioli,ma non colpivo. Perchè le mie cartucce erano vere; vere come la solitudine condivisa col suo piccolo cane...come la sua vecchiaia generosa di acciacchi e avara di saggezza...come la malcelata derisione dei giovani "pupilli" e l'illusorietà dei suoi mille più mille sogni...
Ho abbassato il kalashnikov perchè non avrei potuto colpirla senza trasformare la mia forza in crudeltà.