Nel corridoio del treno lo si nota subito, uno di quelli che ti fanno fare un passo indietro : grosso, peloso, traballante, la mascagna impastata da un balsamo a buon mercato già da tempo arreso all'odore di vinaccia+sudore e la faccia di chi è già finito troppe volte al palo nel ring della vita.
Cerca di aprire la porta della carrozza numero 4 e lo fa nel modo giusto : preme il pulsante verde alla sua sinistra una due tre volte ma la porta automatica non si apre. Sbuffa e riprova con più foga. Niente. Indietreggia in una smorfia lasciandosi cadere sul seggiolino a molla smollato e fissa il pulsante con la mestizia rabbiosa di un bimbo in castigo, poi parte alla carica. Colpisce la porta con le spalle, i gomiti, il ginocchio. Niente. Allarga le braccia e si appiattisce al muro come un vecchio poster di sé stesso.
E allora entra lei : bella presenza e belle speranze , abitino a collo alto di elastan il 15 luglio senza un filo di sudore e la crocchia biondo grano tenuta da un bastoncino per sushi che a noialtre cadrebbe in un respiro, a lei no. Cercando in borsa preme distratta il pulsante verde e -SWHISSH- senza quasi rallentare l'andatura passa nella carrozza successiva , la numero 4.
L'uomo si muove, troppo lento per approfittare della porta aperta che si chiude slittando sul suo faccione imbalsamato in una domanda onesta quanto inutile : perché per alcuni è così facile? Perché a qualcuno si aprono automaticamente tutte le porte, invece altri possono contare solo fino a 3?
Non gli rispondo, se non altro perché non ne ho proprio idea.
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